Manifesto Anti Abilista
MANIFESTO ANTI-ABILISTA PER LE GIORNALISTE E I GIORNALISTI PER IL RISPETTO DELLE PERSONE CON DISABILITÀ E NEURODIVERGENTI E CONTRASTO ALL’ABILISMO NELL’INFORMAZIONE CONTRO OGNI FORMA DI VIOLENZA E DISCRIMINAZIONE ABILISTA ATTRAVERSO PAROLE E IMMAGINI
L'Abilismo
L'abilismo è un tipo di discriminazione sistematica e sistemica che si manifesta sia nella vita quotidiana, attraverso micro-aggressioni o abusi di vario tipo, sia a livello istituzionale ai danni delle persone disabili e neurodivergenti. Si tratta di un sistema di credenze, atteggiamenti, valori, pratiche socio-politico culturali ed economiche, che privilegia i corpi e i funzionamenti neurobiologici standard precludendo pieni diritti e accessibilità alle persone disabili e neurodivergenti. La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD) del 2006, ratificata dallo Stato Italiano attraverso la legge n.18 del 3 febbraio 2009, riconosce la violenza, gli abusi, i maltrattamenti e le discriminazioni contro le persone disabili come una forma di violazione dei diritti umani: l’abilismo non può essere trattato come un problema delle persone disabili, perché riguarda tutta la collettività.
Cosa intendiamo per disabilità
Per disabilità si intende una condizione temporanea/progressiva/permanente che chiunque può sperimentare nel corso della propria vita e che è il risultato dell’azione disabilitante che i fattori contestuali (ambientali, architettonici, sensoriali, organizzativi, politici, culturali…) esercitano sulla persona, limitandone la piena partecipazione sociale e il benessere psico-fisico-sociale in vari aspetti della vita. Il termine neurodivergenza è un termine ombrello, non clinico bensì politico, entro cui rientrano tutte le condizioni per le quali il funzionamento Manifesto Anti-abilista 2 neurobiologico della persona si discosta da quello clinicamente definito come tipico in quanto più frequente.
Ad esempio, sono definibili neurodivergenti quelle persone con condizioni di neuroatipicità dovute a disturbi del neurosviluppo (spettro autistico, ADHD, Sindrome di Tourette…), ma anche coloro che hanno ricevuto diagnosi psichiatriche (Disturbo da stress post traumatico, Disturbo Borderline di Personalità…) e in generale chi, a prescindere da una diagnosi formale, presenta tratti di personalità e stili cognitivi e di apprendimento che determinano una variazione del funzionamento neurobiologico dallo standard. Alcune persone neurodivergenti sono anche disabili e viceversa; alcune persone possono essere disabilitate dal contesto in virtù del proprio neurotipo, altre incontrano meno ostacoli: le due categorie, disabilità e neurodivergenza, non sono dunque sovrapponibili ma possono coesistere.
Quanto esplicitato nel Manifesto di Venezia vale anche per le persone disabili: «Ogni giornalista è tenuto al “rispetto della verità sostanziale dei fatti”. Non deve cadere in morbose descrizioni o indulgere in dettagli superflui, violando norme deontologiche e trasformando l’informazione in sensazionalismo». Pertanto, impegno comune dev’essere eliminare ogni radice culturale che, direttamente o indirettamente, mediante le narrazioni e le rappresentazioni veicolate attraverso i mezzi di comunicazione e informazione, concorre al mantenimento di retoriche, pregiudizi e stereotipi abilisti (cfr. art 8 CRPD) che impediscono di fatto un cambiamento socio-culturale che abbia come obiettivo una società equa dove ogni persona può autodeterminarsi ed esercitare pienamente i propri diritti.
Questo il quadro epistemologico e legislativo entro cui si inserisce il presente Manifesto Anti-abilista, redatto e presentato da:
Barbara Centrone (dottoranda in Didattica e Pedagogia Speciale e Pedagogia Sperimentale presso l’Università degli Studi Roma Tre, insegnante specializzata sulle attività di sostegno didattico, formatrice anti-abilista, attivista intersezionale, persona disabile e neurodivergente);
Marina Cuollo (Dottoressa in Scienze biologiche e PhD in Processi biologici e biomolecole, scrittrice, autrice e consulente D&I, esperta di rappresentazione della disabilità in ambito mediale);
Manifesto Anti-abilista 3 - Marianna Monterosso, (Musicista, editorialista, comunicatrice, divulgatrice e attivista transfemminista per i diritti delle persone nello spettro autistico;
Flavia Pini (dottoressa in editoria e produzione culturale. Esperta in lingue straniere, tour leader, turismo accessibile e attivista caregiver) in qualità di membri dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti Fondamentali della Persona per richiedere all’Ordine dei Giornalisti e delle Giornaliste un impegno costante un’informazione corretta, anti-abilista, non lesiva della dignità e della privacy della persona, e consapevole delle implicazioni culturali, sociali, giuridiche di una narrazione abilista che de-responsabilizza le istituzioni e la collettività.
Pertanto riteniamo prioritario:
1) Inserire nella formazione deontologica obbligatoria quella sul linguaggio appropriato da utilizzare nel narrare di persone disabili e/o neurodivergenti con particolare attenzione alle retoriche veicolate e alle situazioni che riguardano casi di violenza su donne e minori disabili;
2) Adottare il linguaggio che la persona oggetto della narrazione utilizza per sé stessa; quando ciò non è possibile, preferire: - il linguaggio identity first per riferirsi a persone con disabilità sensoriale, esempio: “persona cieca/sorda” (cfr. legge n.95/2006 art.1); - il linguaggio identity first per riferirsi a persone neurodivergenti e/o con diagnosi psichiatriche, esempio: “persona autistica” o “persona nello spettro autistico” o “persona neurodivergente”; - il linguaggio person first per riferirsi a persone con disabilità dovuta ad un impairment motorio e/o fisico, esempio: persona con impairment motorio; - il linguaggio person first per riferirsi a persone con disabilità intellettiva.
3) Nel più generale obbligo del rispetto dell’accountability (cfr. D.L. 19/2024), in particolare circa la responsabilità sociale di un uso corretto e consapevole del linguaggio, non utilizzare locuzioni lesive o svalutative dell’identità e della dignità della persona disabile e neurodivergente, quali Manifesto Anti-abilista 4 ad esempio: “minorato”, “invalido”, “portatore di handicap”, “diversamente abile” e così via.
4) Adottare le diciture “con impairment/con compromissione motoria/cognitiva/intellettiva” anziché “con menomazione”.
5) Evitare costrutti medicalizzanti e stigmatizzanti, quali ad esempio: “affetto da”, “soffre di”, “colpito da”; e quelli che rimandano a una visione patologizzante del funzionamento neurobiologico della persona, quali ad esempio “soffre di sindrome autistica” e così via.
6) Utilizzare la dicitura “persona nello spettro autistico” evitando il riferimento a un presunto “alto/basso funzionamento” e non utilizzare “Sindrome di Asperger” poiché si tratta di una dicitura soppressa dal DSM-V e ormai inclusa anche a livello clinico nella dicitura Spettro Autistico.
7) Avvalersi della consulenza di professionisti e professioniste della comunicazione disabili e neurodivergenti per la creazione di narrazioni e contenuti che riguardano persone disabili e neurodivergenti su stampa, media, social media, ecc.; sia per evitare forme di paternalismo e ablesplaining – ovvero parlare in modo condiscendente e supponente di disabilità pretendendo di saperne di più delle persone disabili, sia per evitare di utilizzare simboli e stereotipi che non rappresentano l’identità delle persone disabili e neurodivergenti, quali ad esempio: i pezzi di puzzle, il colore blu e l’immagine di un bambino “nella bolla” per riferirsi alle autistiche; simbolo della persona in carrozzina quale simbolo universale della disabilità.
8) Evitare retoriche politicamente corrette che de-resposabilizzano la collettività e contribuiscono al mantenimento della visione della disabilità quale caratteristica intrinseca della persona, quali ad esempio: “la disabilità è una ricchezza/è negli occhi di chi guarda”, e così via.
9) Utilizzare il termine specifico “disabilicidio” per riferirsi a tutti gli omicidi compiuti sulle persone disabili e neurodivergenti in quanto tali, avendo cura di evidenziare la matrice abilista dell’atto.
10) Il Manifesto Antiabilista è una risorsa preziosa nelle narrazioni di molestie, abusi, violenze, disabilicidi, evitare qualsivoglia retorica: a) che avalli la sottovalutazione della violenza fisica, psicologica, economica, giuridica, culturale, sessista e abilista che le persone disabili spesso subiscono; Manifesto Anti-abilista 5 b) che suggerisca, anche indirettamente, attenuanti e giustificazioni a chi agisce violenza su una persona disabile, ed evitare la romanticizzazione dell’atto di violenza, come ad esempio “la sofferenza/stanchezza/sopportazione del caregiver”, “difficoltà economiche nella cura”, “abbandono da parte dello Stato”, “depressione”, “è stato un atto estremo di amore/liberazione dalle sofferenze della persona disabile/neurodivergente”, e così via.
11) Nel narrare di illeciti commessi da persone disabili e/o neurodivergenti, nel rispetto dell’accountability (cfr D.L. 19/2024), riportare la condizione di disabilità e/o neurodivergenza solo se ha valenza a fini giuridici; in ogni caso non alludere, anche implicitamente, ad una relazione tra agito e condizione di disabilità e/o neurodivergenza se non quando stabilito giuridicamente.
12) Utilizzare il termine caregiver nella sua accezione più ampia di persona che si prende cura e presta assistenza alla persona disabile, evitando di rafforzare il familismo. 13. Evitare qualsiasi forma di pietismo e di spettacolarizzazione del dolore che rafforzano una visione tragica della disabilità, quali ad esempio: “una vita piena di sofferenze”, “l’autismo è piombato nelle loro vite come una tragedia”.
13) Evitare qualsiasi forma di pietismo e di spettacolarizzazione del dolore che rafforzano una visione tragica della disabilità, quali ad esempio: “una vita piena di sofferenze”, “l’autismo è piombato nelle loro vite come una tragedia”.
14) Evitare di infantilizzare le persone disabili e/o neurodivergenti adulte, riportandone i cognomi e i titoli o le professioni ed evitando locuzioni come ad esempio: “ragazzo/a speciale”.
15) Evitare narrazioni imperniate sulla pornografia ispirazionale e sulla retorica del “superamento della disabilità” mediante cui si esaltano a eroi ed eroine le persone disabili affinché siano di ispirazione alle persone non disabili e/o neurotipiche, evitando locuzioni quali ad esempio: “nonostante la sua disabilità è riuscita a…”, “se lui in carrozzina è riuscito nel suo obiettivo, nessuno può addurre scuse”, “super-ragazza sfida la propria disabilità”, “l’atleta con una marcia in più” e così via.
16) Evitare la spettacolarizzazione del dolore a consumo della curiosità morbosa sul corpo disabile e dunque, quando non strettamente necessario, non divulgare i dettagli della cartella clinica della persona e dei propri trascorsi ospedalieri; in ogni caso non utilizzare né diffondere foto e video di persone neurodivergenti durante le cosiddette crisi e durante stati alterati. Manifesto Anti-abilista 6
17) Utilizzare termini non stigmatizzanti per descrivere il rapporto della persona con gli ausili e i dispositivi per la protezione e le autonomie, evitando locuzioni quali ad esempio: “costretto in carrozzina”, “obbligata a camminare con le stampelle”, “obbligato a tenere le cuffie antirumore”, ecc.; e prediligendo locuzioni neutre come “usa la carrozzina/le stampelle/le cuffie”.
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